La donazione è un atto tra vivi posto in essere dal donante in favore del donatario: è un contratto regolato all’art. 769 del Codice Civile con il quale una persona, il donante, trasferisce per spirito di liberalità e con diminuzione del proprio patrimonio un bene o un diritto ad un altro soggetto, il donatario.
La donazione è connotata dall’animus donandi che è la spontanea volontà del donante di arricchire l’altra parte gratuitamente.
Si pensi al caso in cui Tizio doni al figlio Mevio un immobile di proprietà, senza che a quest’ultimo venga chiesta in cambio alcuna prestazione corrispettiva.
A fronte della diminuzione del patrimonio del donante e, dunque, a tutela del medesimo, affinché egli ponga attenzione e acquisisca maggiore consapevolezza in ordine all’atto che sta per compiere, l’art. 783 del Codice Civile impone la forma scritta dell’atto pubblico per qualsivoglia donazione, a pena di nullità.
Tale atto, dunque, deve essere redatto da un notaio o da altro pubblico ufficiale legittimato ad attribuirgli pubblica fede, alla presenza di due testimoni (soggetti terzi ed estranei all’atto medesimo).
Ciò detto per opportuno chiarimento, sia pur in termini di brevità, vediamo ora quali effetti esplica la donazione al momento dell’apertura della successione del donante.
Il quesito non è affatto banale posto che alle volte viene ignorata la circostanza per cui, secondo il nostro ordinamento, la donazione equivale ad anticipazione dell’eredità sulla quota spettante al momento dell’apertura della successione.
In ragione di tale assunto, tornando all’esemplificazione precedente, che cosa accade al momento dell’apertura della successione di Tizio laddove il figlio Mevio abbia ricevuto in donazione dal padre un immobile?
Il problema, naturalmente, non si pone nel caso in cui non sussistano altri eredi legittimi ovvero testamentari all’infuori di Mevio, che, in tal caso, sarà l’unico erede del patrimonio di Tizio.
Diverso, contra, è il caso in cui Mevio concorra con i propri fratelli Caio e Sempronio che, a differenza del primo, non hanno ricevuto nulla in donazione dal padre.
E pur tuttavia Mevio Caio e Sempronio sono tutti eredi legittimari, ovvero eredi cui l’ordinamento riserva un trattamento di particolare tutela garantendo agli stessi una quota predeterminata dell’intero patrimonio del de cuius, che consta non soltanto di ciò che il de cuius ha lasciato al momento della morte (c.d. patrimonio relictum) ma, altresì, di ciò di cui egli ha disposto in vita in termini di donazione (c.d. donatum).
In altre parole, posto che agli eredi legittimari di Tizio, ovvero a Mevio Caio e Sempronio, fratelli, compete la medesima quota di eredità (la c.d. quota di riserva), tale quota andrà calcolata sull’intero patrimonio di Tizio comprensivo altresì dell’immobile da quest’ultimo donato a Mevio.
L’istituto giuridico che consente di operare la ricostruzione del patrimonio ereditario nella fattispecie predetta è la collazione (art. 737 c.c.) e pur tuttavia non è mia intenzione soffermarmi eccessivamente, in tale sede, su tecnicismi complessi e di difficile lettura che ben potrebbero confondere.
Proseguo, pertanto, sull’esempio precedente e cito il contenuto dell’art. 537 c.c. il quale, laddove un genitore lasci più figli (ma non il coniuge), come nel “nostro caso”, statuisce: ” Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli”
Il che equivale a dire che a ciascuno dei figli, Mevio Caio e Sempronio, ha diritto a 2/9 dell’intero patrimonio del de cuius (relictum + donatum).
Ciò detto e posto che Mevio ha ricevuto per donazione dal padre, mentre era in vita, un immobile, donazione che, come più sopra rilevato, deve ritenersi un’anticipazione dell’eredità, come dovrà comportarsi Mevio?
In primis occorre stimare il valore dell’immobile ricevuto in donazione da Mevio: la stima deve essere condotta alla stregua dei valori correnti al momento dell’apertura della successione (morte del de cuius).
Gli scenari possibili sono i seguenti:
– il valore di stima dell’immobile in questione potrebbe essere inferiore alla quota di legittima di Mevio (2/9) ed egli, pertanto, avrà diritto alla differenza fino a totale concorrenza, quanto meno, della quota di riserva.
– il valore di stima dell’immobile de quo è superiore alla quota di legittima (2/9). In tal caso, potrebbe comunque accadere che non venga lesa l’identica quota dei fratelli essendo il patrimonio del de cuius sufficientemente capiente per soddisfare anche Caio e Sempronio nella misura imposta dal legislatore. Ciò significa che l’eccedenza di Mevio andrebbe ad insistere sulla c.d. quota disponibile del patrimonio del defunto che, nel caso di specie, equivale ad 1/3 (alias 2/9).
Diversamente, la quota dei fratelli Caio e Sempronio deve venire necessariamente reintegrata da Mevio mediante collazione ovvero imputazione dell’immobile nell’asse ereditario e relativi conguagli.
Laddove Mevio non provveda spontaneamente e non si pervenga, in tal modo, ad una divisione bonaria dell’asse ereditario, Caio e Sempronio sono legittimati ad agire in riduzione nei confronti del medesimo per ottenere la reintegra della propria quota ricorrendo all’uopo l’Autorità Giudiziaria competente.